sabato 11 ottobre 2014

JOHNNY MARR - PLAYLAND



Johnny Marr non ha bisogno di grandi presentazioni. Tuttavia, a uso e consumo di chi fosse rimasto indietro di un trentennio, giova ricordare che l'ormai cinquantunenne mancuniano è stato la chitarra degli Smiths, precursori di quello che negli anni '90 verrà definito brit pop e una delle band più eccitanti degli eighties. Separatosi dal fedele sodale Morrissey (a proposito: forza Steven, non mollare!), Johnny ha dato vita ad alcuni progetti (Electronic, The Healers), ha militato nelle fila di Modest Mouse e The The, ma soprattutto è stato considerato per anni un sessionista di classe, uno di quelli la cui presenza nella line up alza il livello qualitativo del disco (Talking Heads, Bryan Ferry, Beck, etc). Insomma, c'è voluto un bel pò di tempo prima che Marr si convincesse a fare da solo, ma una volta imboccata la strada sembra non avere più intenzione di fermarsi. A febbraio del 2013, infatti, esordisce in solitaria con il più che discreto The Messenger, ed è proprio di questi giorni l'uscita nei negozi del suo secondo full lenght. Diciamolo subito: Playland è un gran bel disco, di gran lunga più convincente del precedente, come se il chitarrista, dopo qualche titubanza, avesse scaldato i motori e fosse partito in quarta. In tal senso l'apertura ruggente di Back In The Box riflette lo stato di grazia di Marr e forse, addirittura un nuovo corso. Gli Smiths sembrano infatti essere stati accantonati per sempre, salvo riaffiorare in qualche episodio isolato (l'ottima This Tension) e nella voce, finalmente espressiva, di Marr, che paga più di un debito all'ex compagno di avventure, Morrissey. La scaletta è potente, elettrica, convinta e convincente, pochi fronzoli e tanta sostanza all'insegna di un pop rock in bilico fra passato e presente e marchiato da un suono smaccatamente british, che pesca, senza soluzione di continuità, tanto dai Verve (Candidate) che dai Kasabian (la già citata Back In The Box). Il Marr di Playland è un musicista incredibilmente deciso, pimpante, che abbandona quegli arabeschi policromatrici che avevano reso leggendaria la sua chitarra e sceglie invece di mostrare i muscoli con riff essenziali e ficcanti. Anzi, è così convinto dei propri mezzi, da tirar fuori dal cilindro la cafonissima dance wave di Easy Money, singolo ruffiano che starebbe d'incanto in un disco dei Franz Ferdinand. Un Marr che non ti aspetti, insomma, anche se poi il tocco del maestro e certi echi plumbei di mancuniana memoria sono lì a ricordarci di chi stiamo scrivendo: un eroe della sei corde, che ha reso migliori gli anni '80 e che oggi sta vivendo una seconda, eccitantissima, giovinezza.

VOTO: 7,5





Blackswan, sabato 11/10/2014

2 commenti:

mr.Hyde ha detto...

Certo, gli Smiths erano un'altra cosa..

Blackswan ha detto...

@ Mr. Hyde: impossibile non concordare :)