mercoledì 24 settembre 2014

LIBERTA’ – JONATHAN FRANZEN




Dopo Le correzioni, Jonathan Franzen sceglie di nuovo un matrimonio, il vincolo che lega due persone, per raccontare ciò che lega tutti gli uomini. Perché di tutti è la domanda: «Se sono libero di scegliere, allora come devo vivere?» Libertà è uno di quei rari romanzi del presente in grado di dare del tu ai classici. Walter e Patty erano arrivati a Ramsey Hill come i giovani pionieri di una nuova borghesia urbana: colti, educati, progressisti, benestanti e adeguatamente simpatici. Fuggivano dalla generazione dei padri e dai loro quartieri residenziali, dalle nevrosi e dalle scelte sbagliate in mezzo a cui erano cresciuti: Ramsey Hill (pur con certe residue sacche di resistenza rappresentate, ai loro occhi, dai vicini poveri, volgari e conservatori) era per i Berglund una frontiera da colonizzare, la possibilità di rinnovare quel mito dell'America come terra di libertà «dove un figlio poteva ancora sentirsi speciale». Avevano dimenticato però che «niente disturba questa sensazione quanto la presenza di altri esseri umani che si sentono speciali». E infatti qualcosa dev'essere andato storto se, dopo qualche anno, scopriamo che Joey, il figlio sedicenne, è andato a vivere con la sua ragazza a casa degli odiati vicini, Patty è un po' troppo spesso in compagnia di Richard Katz, amico di infanzia del marito e musicista rock, mentre Walter, il timido e gentile devoto della raccolta differenziata e del cibo a impatto zero, viene bollato dai giornali come «arrogante, tirannico ed eticamente compromesso». Siamo negli anni Duemila, quelli della presidenza Bush e dell'operazione Enduring Freedom, anni in cui negli Stati Uniti (e non solo...) la libertà è stata come non mai il campo di battaglia e la posta in gioco di uno scontro il cui fronte attraversa tanto il dibattito pubblico quanto le vite delle famiglie. Che si combattano guerre imperiali o guerre domestiche, in gioco c'è sempre la libertà e il senso da dare a questa parola. Nove anni dopo Le correzioni, Jonathan Franzen torna con un romanzo spietato e divertente, un vasto affresco storico capace di un'umanissima, malinconica attenzione per il dettaglio: una riflessione sulla libertà e sulle cose cui siamo disposti a rinunciare per essa, sull'ambiguità di un diritto che a volte si fonda sulla sopraffazione dell'altro, sulle catene che ci imprigionano e su quelle che in realtà ci rendono più liberi. Ma questo è anche un romanzo sul matrimonio, su ciò che ci lega a un'altra persona, e sulla politica, che è ciò che ci lega a tutti gli uomini. Sul desiderio e il risentimento, sull'invidia che fonda le amicizie, sul conformismo della società di massa e sulle aspettative deluse: tutte cose che, a ben vedere, sono modi diversi di pensare la libertà.

Ci sono libri così belli, così importanti, così definitivi, che quando li finisci ti ritrovi in una condizione simile al lutto: ti manca la presenza quotidiana di quelle pagine, l'abitudine a certi personaggi, l'attesa che sottende allo sviluppo della trama. E poi, ci sono altri libri, altrettanto belli, importanti e definitivi, che per osmosi si appropriano di una parte di te, lasciandoti in cambio una folla di pensieri e suggestioni che si accalcano in testa, disordinati e pressanti come gente in fila per entrare allo stadio. E' questa la sensazione che sto vivendo dopo aver concluso Libertà, un romanzo a cui ho dato tutto in termini di partecipazione emotiva e che ora mi sta restituendo un carico di riflessioni troppo imponente per essere sviscerato in pochi giorni. Così, nell'attesa di far chiarezza e dare una risposta a quesiti indubbiamente più grandi di me (cos'è la libertà, di che si nutre l'amore, di che natura si sostanziano i vincoli familiari), vi lascio alla recensione del libro che è stata fatta dall'amico Alessandro Raggi, autore del blog BluesPaper e conduttore della trasmissione radiofonica SongBook.

Probabilmente Libertà diventerà un bestseller moderno. Probabilmente, perchè i presupposti ci sono tuttti, anche se le strade dell'editoria e quelle del mercato non sempre si incontrano.

Antefatto. Jonathan Franzen, ormai non più promettente ma acclamato scrittore americano, nel 2012 pubblica il suo nuovo romanzo, intitolato semplicemente Freedom, ovvero libertà. La fuga di notizie nei mesi precedenti la pubblicazione anticipa che il nuovo lavoro di Franzen, dopo l'acclamato Le correzioni, sia degno dei più grandi romanzi americani mai scritti. Addirittura Obama, in quanto Presidente, lo legge in anteprima, sfoggiandolo nelle passeggiate in famiglia nella vacanza estiva del 2012. Ovviamente, una pubblicità più grande e planetaria Franzen non avrebbe mai potuto sognarla.

Nonostante tutto il clamore e le promesse di grandeur, Libertà non delude nessuna delle aspettative, e poggia interamente su una certezza: Jonathan Franzen è un talento della scrittura e della costruzione. E dire che non è facile mantenere il ritmo alto per oltre seicento pagine, quando l'incipit è solamente quello della crisi familiare dei Berglund, normale famiglia del Midwest alle prese con due figli in età da college. Invece, pagina dopo pagina, come un fine amanuense, Franzen dona ad ogni personaggio una luce propria, quasi che ognuno potesse vivere senza lo scrittore. I vari Walter, Patty, Richard o Joey fanno parte di un quadro più ampio, che va oltre la narrazione degli episodi per costruire una descrizione profonda degli svariati significati della parola libertà.

E proprio nella volontà di declinare il titolo del romanzo sta la grandezza del libro, che può essere visto, senza alcuna esagerazione, come un'opera dal forte retrogusto filosofico. Libertà dunque può essere la lotta dentro ognuno di noi per sfuggire dal proprio passato e da una vita già confezionata (Patty). Oppure è la necessità di emergere quando si ha la sensazione di essere un perdente nato (Walter). Ma c'è anche la libertà del talentuoso Richard Katz, cantante di alternative rock che per trovare la vena artistica ha bisogno di vivere in piena libertà, rifuggendo i rigidi schemi della discografia.
Ma Franzen parla anche di un intero paese, gli Stati Uniti, che per la propria libertà decide di condurre guerre come quella in Iraq, sulla cui necessità l'idea dello scrittore emerge in maniera chiara.

Le fonti di ispirazione dell'autore sono molteplici, e spuntano fuori nelle pagine del romanzo. Tra queste, il pretesto di inserire nella narrazione personaggi come Michael Stipe, Jeff Tweedy ed i Bright Eyes è un forte richiamo al retroterra nel quale cresce questa opera.

Libertà è dunque un grande romanzo, che nelle ultime pagine addirittura commuove, un sentimento (forse l'unico) che nelle 600 pagine il lettore non aveva ancora provato. Per una storia che parte dalla anonima St. Paul (Minnesota) con una altrettanto anonima famiglia non è male. 

Alessandro Raggi & Blackswan, mercoledì 24/09/2014

5 commenti:

Lucien ha detto...

L'ho letto tre anni fa: impegnativo, ma è uno dei migliori romanzi letti negli ultimi anni!

kermitilrospo ha detto...

il prossimo che leggo !

melonstone ha detto...

grazie Nick per aver inserito anche la mia recensione del romanzo. Entrambi concordiamo con la grande base filosofica del lavoro di Franzen, e con la sua continua declinazione della parola Libertà, che assume numerosi significati nelle 600 pagine. Concordo con te: più i giorni passano, più gli interrogativi posti dal libro diventano macigni di riflessione personale

Ernest ha detto...

"Ci sono libri così belli, così importanti, così definitivi, che quando li finisci ti ritrovi in una condizione simile al lutto: ti manca la presenza quotidiana di quelle pagine, l'abitudine a certi personaggi" quanto sono vere queste parole... solo il gesto di girare l 'ultima pagina e chiudere il libro ha dell'incredibile

Anonimo ha detto...

Un romanzo immenso, inarrivabile Franzen, la narrativa che diventa letteratura. Ho preferito tuttavia Le correzioni, tipo che a Liberà do 10 e a Le correzioni 10 e lode.